ROMEO MUSA. Pittore, xilografo, scrittore. (1882 – 1960). 1^ Parte

MUSA ROMEO – Calice di Bedonia 5 maggio 1882-Milano 3 marzo 1960

Figlio di Giovanni e di Gilda Antolotti, che fu anche sua prima maestra. Studiò a Parma, allievo di Cecrope Barilli, e a Firenze, discepolo di Adolfo De Carolis. Dal 1902 al 1904 prestò servizio militare in Eritrea, colonia italiana. Rientrato in Italia, iniziò la carriera scolastica come insegnante di disegno prima a Mosso Santa Maria (Vercelli), dove nel 1911 sposò Valmira Sella, poi a Grignasco, successivamente a Tolmezzo e a Nuoro. Richiamato alle armi nel 1915, partecipò alla prima guerra mondiale nell’Arma del Genio fino alla vittoria nel 1918. Ritornato alla vita civile riprese l’insegnamento nell’Istituto Normale di Forlimpopoli, dove decorò la cappella battesimale della chiesa di San Pietro e progettò la fonte battesimale che venne costruita in ceramica a Faenza. Nel 1924 venne trasferito all’Istituto magistrale di Campobasso, dove insegnò fino al 1933. Cominciò allora il periodo di intensa attività artistica, con la produzione di xilografie che illustrano la vita delle campagne molisane. Nel 1933 venne trasferito all’Istituto Magistrale Gaetana Agnesi di Milano. In quel periodo si dedicò particolarmente alla xilografia, anche illustrando libri e racconti per ragazzi che hanno come protagonisti animali.

Il Musa fu pure autore di numerose novelle per ragazzi, come La luna sul salice, che rivela e interpreta l’umorismo agreste delle popolazioni attorno a Bedonia. Con lo pseudonimo Musmeo o Musa da Calice celebrò con bonaria arguzia le gesta di Disolla e Tognu con poesie in dialetto valtarese, sempre illustrate con xilografie. Negli anni 1938-1945 affrescò alcune chiese: Codogno di Albareto, Bedonia, Allegrezze, Borgo val di Taro. Trattò ogni sorta di pittura: a olio, all’acquerello, a fresco, ed eseguì anche acqueforti e miniature. Nel 1903 esordì a Firenze, alla promotrice, con L’inverno ai boschi di Ferriere. In seguito partecipò saltuariamente a esposizioni tenutesi a Milano, Bologna, Forlì, Cesena, Campobasso, Aquila e Torino. In Eritrea eseguì il Ritratto di San E. Ferdinando Martini e le decorazioni del Palazzo governatoriale di Asmara. Riprodusse, in acquerelli e oli, paesaggi di varie località d’Italia e dell’Eritrea. Nella Cappella dei Combattenti di Compiano, nel Battistero di Codogno e in quello di Forlimpopoli dipinse a fresco le decorazioni murali. Una sua grande tela, La sagra del Matese, orna la biblioteca del Provveditorato agli Studi del Molise e una dozzina di quadri riproducenti paesaggi, castelli, usi e costumi del popolo molisano si trova nel Convitto Nazionale Mario Pagano di Campobasso. Di duemila legni per xilografie, oltre la metà andarono distrutti nelle incursioni aeree del 1943 a Milano. Illustratore di libri, si ricordano in questo genere le tavole per i Canti popolari dell’Appennino parmense di Jacopo Bocchialini e Il bosco selvaggio di K. Grahame, comprendente 250 xilografie originali. Ottenne la medaglia d’argento alla Mostra d’Arte Sacra de L’Aquila, altra del Ministero della Pubblica Istruzione alla I Mostra d’Arte molisana e la medaglia d’oro dal Circolo Artistico di Campobasso. Fu vice presidente degli Incisori d’Italia e partecipò a tutte le loro mostre. La matrice culturale del Musa affonda le radici nell’ambiente fiorentino, alla scuola di Adolfo Carolis, docente all’Accademia di Firenze. A contatto col fertile illustratore di gran parte della produzione letteraria di d’Annunzio, il Musa trasse dal maestro marchigiano illuminati insegnamenti. Si accostò all’inizio della sua attività allo spirito dei preraffaelliti, approdando in seguito allo studio profondo dell’opera michelangiolesca. Strettamente vincolato a una propria concezione romantico-letteraria dell’arte, ligio alla tradizione e ai canoni accademici, decisamente sensibile ai fermenti liberty, abilissimo disegnatore, si trovò, per naturale vocazione, nelle condizioni ideali per preparare ai difficili cimenti dell’incisione le nuove leve dei futuri artisti del Novecento.

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