ANNO 1950. LA GUERRA CONTINUA! SEI SCOLARETTE DI BARDI STRAZIATE DA UNA BOMBA – 1^ PARTE

GAZZETTA DI PARMA GIOVEDI’ 30 MARZO 1950

SEI SCOLARETTE DI BARDI STRAZIATE DA UNA BOMBA 1^ Parte

L’esplosione nel gruppo che ritorna a casa dalla scuola. Una bimba muore all’ospedale di Parma, un’altra è gravissima. Profondo eco di dolore in tutta la Valle del Ceno.

Ancora una volta in questo amaro dopoguerra il destino ha ripreso uno dei suoi aspetti più crudeli, ha seminato sciagure nell’innocenza. Ancora una volta la complicità dell’uomo, dell’individuo incosciente, ha sparso il sangue di coloro che tornavano felici a casa; dopo aver trascorso il pomeriggio nell’aula della scuola, hanno incontrato quel tragico destino e quell’oscura incoscienza.

Adesso supine nei letti dell’ospedale maggiore della nostra città, attendono, circondate dalla disperazione dei loro cari, , che la morte si allontani, che essa si scordi di essere l’inesorabile falciatrice. Ma la morte ha voluto ghermire. La tragedia è accaduta poco prima delle 17 di ieri pomeriggio in località Madonna delle Grazie, a pochi chilometri da Bardi.

Le sorelle Caterina e Maria Pia Bozzi, di anni 10 e 12, le sorelle Luciana e Angiolina Brigati, di anni 8 e 10. Celestina Carpanini di anni 9 e Vittorina Mazzocchi, di 10, residenti a Saliceto di Bardi, percorrevano nell’ora predetta la strada comunale che tocca questa frazione, reduci come abbiamo detto dalla scuola. Parlavano di cose della loro età, dei compiti per il giorno dopo, delle poesiole imparate per la ricorrenza pasquale. Giunte nelle vicinanze di un gruppo di case denominate Madonna delle Grazie, una di esse scorse sul bordo della strada un oggetto metallico, luccicante al sole, si avvicinò incuriosita, lo raccolse, un oggetto strano, insolito per delle bambine, pesante. Cosa poteva essere? Si chiese mentalmente la piccola che l’aveva raccolto, ma ecco che una delle amiche, per una intuizione purtroppo non provvidenziale, le grida di gettarlo, di scostarsi “E’ una bomba! E’ una bomba! Attenta!”. L’angoscioso avvertimento non si è ancora spento nell’aria che l’oggetto proprio mentre viene lanciato dalla piccola scolara, deflagra in una violenta vampata. Un urlo solo, poi il silenzio, profondo che segue il primo, fulmineo atto di una sciagura. Sulla strada le sei bambine sono ora riverse, sanguinanti, gli occhi sbarrati nello spavento chiuse nella terribile incoscienza provocata dalle ferite. Accorrono dalle case vicine alcuni contadini, donne che urlano: la tragedia sta immota, greve del suo vuoto senza echi nella luce delicata, stupita del tramonto. Le sei bambine sono state dilaniate dal ferro, da decine di schegge: sono state colpite tutte, strappate dalla corolla della loro fanciullezza. Il destino, con la complicità di un essere che non merita alcuna definizione, lo sconosciuto che ha abbandonato l’ordigno sul bordo della strada, il destino crudele ha decretato un’orribile sciagura. Le povere bambine, eccetto Celestina Carpanini che presenta ferite non gravi, sono state trasportate al nostro ospedale nella tarda sera. Vittorina Mazzocchi presenta lo spappolamento della gamba sinistra, un grave choc traumatico e ferite multiple: i suo stato permane gravissimo: Luciana Brigati ferite all’addome e alla gamba sinistra: 40 giorni s.c. .Angiolina Brigati, ferite all’addome alla coscia sinistra e alle braccia; 30 giorni s.c. Maria Pia Bozzi, ferite lacero alla coscia sinistra, al ginocchio sinistro e alla coscia destra: 40 giorni s.c. Sono tutte ricoverate in clinica ortopedica. Caterina Bozzi di anni 9, è deceduta alle 19,45, poco dopo essere giunta all’ospedale. Ella aveva raccolto l’ordigno e aveva subito le ferite più gravi.

Il chirurgo dopo aver operato sui cinque corpi dilaniati si è passato una mano sulla fronte. Ma in lui non v’era stanchezza, I suoi occhi fissavano un’immagine sconsolata al di là della luce artificiale che rendeva assenti, stupite le cose, le persone nella camera operatoria. “Da tanto tempo non vedevo una cosa così orribile” ha detto. Poi è andato via perché gli altri, gli infermieri, le suore non vedessero il tremore che gli percuoteva la gola. Tutti forse nel corso della vita incontrano l’Orribile. Chi scrive ha visto morire la piccola Caterina Bozzi e chiede perdono per queste parole che nascono tremanti da una tristezza più vasta, più informe della paura. Tristezza paurosa in questa città di Parma, in chi ha dovuto vedere lo scempio su cinque corpicini; in chi cerca disperatamente di indovinare, di immaginare il volto, le grigie sembianze di colui che gettò l’ordigno sul borgo di una strada montana. Un volto orribile senza contorni, inafferrabile come la demenza: un volto scolpito da una origine inumana, corroso da una animalità senza nome; sembianze ignote di una mostruosità che urla nel mondo. Chi è stato? Chi ha gettato l’ordigno dopo averlo mantenuto in efficienza per motivi, per scopi che non vogliamo considerare, che serrano il nostro animo in una interrogazione inutile, tanto essa è lontana ormai, arida, quasi assurda per il dolore che grava sula sciagura avvenuta? Chi è stato? Non vorremmo mai saperlo. L’individuo, l’ignota persona, lo stupido sciacallo, il mostro spaventevole forse a quest’ora sta dormendo. Che la Giustizia degli uomini riesca a identificarlo non conta più se non per il castigo che gli uomini vorranno decretare. Il mostro, lo stupido animale fatto uomo dalla negligenza della natura, forse dorme a quest’ora mentre una bambina viene composta nella morte, mentre una sua compagna giace e respira al cospetto della morte, mentre altre quattro bambine guardano stupite dai lettini l’ombra della morte. Che il mostro dorma in eterno nella sua spaventevole incoscienza di uomo. Non sappiamo dire altro.

FINE 1^ PARTE

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