VALCENOPERSONAGGI. Servo di Dio Giuseppe Beotti Sacerdote e martire.

Giuseppe Beotti nasce a Gragnano il 26 agosto 1912: la famiglia è povera, numerosa, il padre è un lavoratore agricolo soggetto a continui spostamenti che, tra l’altro, a 35 anni deve abbandonare i suoi familiari e vestire la divisa per prendere parte alla prima guerra mondiale.
Il piccolo Giuseppe, entrato in seminario, passa al Collegio Alberoni e viene ordinato sacerdote il 2 aprile 1938 dal vescovo Ersilio Menzani. Compie il suo primo servizio pastorale come curato a Borgonovo dove resta per quindici mesi. Dopo questa parentesi in Val Tidone il Vescovo lo nomina parroco di Sidolo “una piccola parrocchia – ricorda don Silva – in comune di Bardi, alle pendici del monte Pelpi. Non ha una strada carrozzabile, non una bottega in cui comprare il sale e l’olio per la cucina. Il torrente Toncina è un confine spesso invalicabile. Anche per le piccole spese bisogna andare fino a Bardi; è un disagio notevole: circa due ore di strada”. Questo non deve meravigliare più di tanto: erano numerose le località del nostro Appennino che fino all’ultima guerra erano prive di collegamenti stradali veri e propri. Basterebbe prendere come documentazione i quadri di Stefano Bruzzi.
Don Beotti fa il suo ingresso a Sidolo il 21 gennaio 1940. Il sacerdote ha una particolare vocazione per i rapporti umani e presto riesce ad inserirsi nella nuova comunità; stringe rapporti anche con i sacerdoti della zona, in genere giovani. La parrocchia è povera, tra l’altro arriva la guerra a peggiorare – se possibile – le condizioni sociali e a stento il sacerdote riesce a trovare i mezzi per fare alcuni lavori alla chiesa. Non mancano problemi: è vittima di alcune incomprensioni con i superiori quando chiede di essere temporaneamente sostituito perché ammalato; subisce con i parrocchiani anche un processo per essersi opposto alla rimozione delle campane, allora prassi comune.
In queste vallate, dopo l’8 settembre 1943, arriva la resistenza: don Beotti non è però un prete partigiano. E’ soprattutto un prete e come tale viene travolto dagli eventi. Siamo nel luglio del 1944 quando i tedeschi decidono di farla finita con i partigiani dell’Appennino piacentino – parmense. Nonostante il dispiegamento di forze, il 10-11 luglio a Pelosa, sopra Bedonia, in uno scontro perdono settanta uomini. Cresce in loro una voglia cieca di vendetta e nei giorni seguenti agiscono in queste zone spesso lasciandosi guidare unicamente dalla violenza. Il 19 luglio i nazisti sono a Strela e uccidono il parroco don Alessandro Sozzi, padre Umberto Bracchi e una quindicina di abitanti del luogo. Il giorno seguente giungono a Sidolo e anche qui mettono al muro alcuni abitanti della frazione. Tra questi vi è appunto il parroco don Beotti e il chierico Italo Subacchi che aveva pensato di trovare riparo dalla barbarie dei tempi rifugiandosi presso il sacerdote, noto per la sua generosità nonostante la povertà della sua casa. La salma del sacerdote viene tumulata in un primo tempo a Sidolo; riesumata nel dopoguerra, ora riposa nel cimitero di Gragnano. Nel 1977 l’Associazione Partigiani Cristiani gli ha assegnato la medaglia d’oro per l’opera caritativa svolta durante la guerra.
Perché l’esecuzione di don Giuseppe? Don Silva nella sua biografia fa riferimento ad un lenzuolo che gli abitanti avrebbero messo sul campanile per segnalare ai tedeschi che in paese non vi erano partigiani; i tedeschi, invece, lo hanno interpretato come un segnale ai “banditi”: la realtà è, però, che in questi momenti la guerra stava scrivendo le pagine più nere della sua già discutibile storia. In questo contesto la figura di Beotti si impone per la fedeltà alla sua vocazione di uomo di Dio. Diverse testimonianze sono concordi nel ritenere che il sacerdote fosse cosciente, anche nei giorni precedenti, della sua fine imminente e l’ha affrontata con la serenità e con la disponibilità del credente convinto. Saranno questi aspetti della sua personalità che il lavoro del tribunale dovrà mettere a fuoco. Su questi monti, oltre ai sacerdoti già citati, ha perso la vita durante i rastrellamenti anche il parroco di Porcigatone don Francesco Del Nevo, mentre diverso è il caso di don Giuseppe Borea: cappellano partigiano, é stato fucilato il 9 febbraio 1945 nel cimitero di Piacenza. (Fonte: Diocesi di Piacenza-Bobbio).

http://www.santiebeati.it/dettaglio/94216

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